Una serata sorprendente, imprevedibile, che nessuno, penso, si sarebbe potuto aspettare si svolgesse così serenamente.
Eppure è accaduto. La classe ‘56, o meglio, una parte dei coscritti della classe 1956, abbiamo festeggiato l’annuale appuntamento del “pranzo sociale”.
Prima la santa messa, in ricordo degli amici che non ci sono più, celebrata in un clima di particolare raccoglimento e partecipazione (a dispetto proprio delle distanze e delle mascherine), mai sentita così familiare, “nostra”, certo anche per la presenza toccante e significativa della moglie e del figlio del nostro amico Marco, morto a causa del Covid-19, al quale abbiamo voluto dare un segno tangibile della nostra amicizia, facendo benedire la targa commemorativa che verrà posta sulla sua tomba.
Poi il momento conviviale – la cena – che si è declinato in una atmosfera di pacata letizia e cordiale affabilità, vuoi perché non eravamo in molti, vuoi perché, nonostante le restrizioni e le precauzioni imposte dall’emergenza sanitaria, ciascuno degli astanti ha dovuto “scegliere” di essere presente (non è stata per nessuno una decisione presa a cuor leggero) – tra l’altro, con piacevole sorpresa, abbiamo avuto anche delle “new entries”.
E proprio qui sta il valore che ha reso particolarmente significativa la serata: date le circostanze contingenti che tutti conosciamo, non era per nulla scontato che delle persone decidessero di stare insieme, anzi. Decidendo di farlo, invece, si è data una testimonianza e una risposta anche a tutti gli amici (rispettabilissimi nella loro libera scelta) che hanno fatto prevalere la loro diffidenza e la loro paura. La diffidenza e la paura non si sconfiggono se ci isoliamo. Quando “chiudiamo la porta”, anche la diffidenza e la paura rimangono chiuse dentro la nostra solitudine.
È solo una compagnia reale, vissuta, partecipata, che può aiutarci a superare i nostri limiti. È solo una amicizia tangibile, manifesta, “in presenza”, che può sostenerci nel difficile tentativo di arginare le nostre ansie e le nostre debolezze.
Questo è ciò che si è reso evidente ieri sera, che amicizia e condivisione non sono due concetti astratti, relegati nella sfera dei sentimenti, ma sono una realtà concreta che va vissuta “nella carne”. E, quando la nostra libertà accetta di giocarsi in questa ”carne”, l’esito è solo una letizia del cuore, piena di gratitudine, capace di vincere la triste solitudine e la falsa autodeterminazione, esattamente il clima, lo spirito, l’aria che abbiamo potuto “respirare” per tutta la serata di ieri. Certo, poi la realtà non cambia, rimane quella che è, ma cambia il nostro modo di guardarla, cioè cambiamo noi, e questo fa la differenza.
Grazie amici coscritti del ‘56.
Alla prossima