Ore 14,23 il treno delle Nord è puntuale alla stazione di Meda, destinazione Milano. Scendiamo a Cadorna, raggiungiamo a piedi il Castello, poi piazza Duomo, attraversiamo l’affollata Galleria e siamo già in piazza della Scala. A destra palazzo Marino, a sinistra il teatro dell’opera e di fronte il sontuoso palazzo “Gallerie d’Italia” sede di mostre permanenti ed estemporanee. Ci mettiamo in fila, Pier acquista i biglietti e le audioguide, finalmente arriva Chicco questa volta con un leggero ritardo, quindi non ci resta che entrare e vedere la mostra dal titolo: “Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna”.  Antonio Canova (Possagno 1757 – Venezia 1822) e  Bertel Thorvaldsen (Copenaghen 1770 – 1844) sono i protagonisti della scultura tra il Sette-Ottocento, e in questa rassegna sono esposte le loro opere provenienti dal Thorvaldsens Museum di Copenaghen, dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, da importanti musei italiani e stranieri, ma anche da esclusive collezioni private. Le loro statue celebrano i valori universali della classicità e dell’antico (cito direttamente dal libretto di presentazione) come le Grazie, Amore e Psiche, Venere, Ebe, Ganimede, ma ritraggono anche re, regine, imperatori, papi, uomini illustri che hanno segnato la storia del primo Ottocento. Gli stessi artisti, Canova e Thorvaldsen, vengono ritratti in quadri e riprodotti in statue di marmo. Seguono Stampe d’epoca che riproducono su carta le loro opere creando una cassa di risonanza mondiale. Nel suo insieme la mostra, un vero e proprio olimpo del marmo, è una straordinaria occasione di conoscenza e di ammirazione della bellezza dell’arte scultorea. In una grande sala della “Gallerie d’Italia”, trova spazio la mostra il “Il cenacolo di Leonardo da Vinci” opera del nostro concittadino Maurizio Galimberti. L’evento è stato promosso per celebrare sia i 500 anni della morte di Leonardo, sia i 180 anni della nascita della fotografia. Galimberti, con la sua personalissima tecnica di sovrapporre le immagini e di sfumarle, interpreta il grande affresco dell’Ultima cena esaltando i particolari rendendo gli Apostoli e Gesù profondamente umani e attuali. Il pane spezzato e il bicchiere di vino in questo modo riacquistano la centralità dell’evento salvifico; le mani degli apostoli sembrano muoversi, gesticolare, fino a rubare la scena mediante il dito alzato di Tommaso; spettacolo nello spettacolo è Pietro che avvicinandosi a Giovanni gli sussurra qualcosa all’orecchio. Galimberti riproducendo questa ultima scena ci invita non solo a guardare ma ad ascoltare per poter carpire le parole di Pietro. Gesù non è più un ritratto d’autore ripreso con i vestiti, i capelli e la barba di sempre, ma con questa tecnica fotografica è vivo e presente in mezzo a noi. Grande Maurizio Galimberti!